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Da che parte sta il Cielo?

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Settima di Pasqua dopo l’Ascensione – 12 maggio 2013

At 1,6-13a; Sal 46, Ef 4,7-13; Lc 24,36b-53 (ASCENSIONE DEL SIGNORE)

Da che parte sta il Cielo?
Se lo chiede quello che vuol fare tutto il possibile per andarci. Anzi, per la verità è più preoccupato di fare tutto il possibile per evitare l’inferno, che è ben altro dal «desiderare il cielo». E’ la paura a suggerirgli la domanda. La convinzione che quel Cielo sia poco affidabile, come se vi si nascondesse una presenza capricciosa e umorale. Preso dall’ansia di conoscere tutti i particolari e i dettagli della strada, fa di quell’interrogare un’angosciosa persecuzione, rendendo questa vita pari alla dannazione da cui vorrebbe fuggire raggiungendo il Cielo.

Da che parte sta il Cielo?
Domanda chi vuol sapere che destino avremo. Il senso delle cose è il suo pallino fisso e crede che tutto comporti una giustificazione e una ragione, almeno una scusa. Perché la vita? Perché la morte? Qual è il mio compito sulla terra? Come si spiega il male del mondo? Di cosa è fatto Dio? Cosa vuol dire eternità? E se di là non c’è nulla? Il Cielo, più che il suo destino, è la destinazione delle sue domande. Chi ci sarà, non è un suo problema.

Da che parte sta il Cielo?
Ripete meccanicamente quell’uomo che non ne può più della vita. Un dramma dopo l’altro, fallimenti su tutti i fronti senza soluzione di continuità. Solitudine. Miseria. Sofferenza. Troppo gli han chiesto questi giorni e non gli è rimasto altro desiderio che fuggirli. Scappare da questa vita che lo tormenta è l’unica alternativa desiderabile. Fuggire da se stesso e da tutto il dolore sopportato. Non gli importa nemmeno che sia bello il Cielo. Che sia buio, che sia luce, che sia oblio, che sia compimento, basta che non sia questa vita.

Da che parte sta il Cielo?
Grida violentemente colui che non sopporta l’ingiustizia nel mondo. Possibile che sia indifferente a tutta la violenza, le malignità, le atrocità degli uomini? Come può il Cielo tacere di fronte a tutto questo? Sordo alle preghiere. Impassibile di fronte alle bestemmie. Distante dai bisogni dell’umanità. Quale divinità crudele può mai abitarvi, ammesso che ne esista una? E con il sui urlo di protesta perché da lassù colpiscano gli empi e salvino i giusti, dichiara che non è il Cielo il suo tormento, ma solo il senso di impotenza per l’insufficienza di fronte ai mali dell’umanità.

Da che parte sta il Cielo?
Sospira il lamento di chi ha perso il suo amato. Un domandare dolente e malinconico carico dell’assenza dell’amato e del desiderio bruciante di rivederlo. Dove sarà? Come starà? Perché mi è stato tolto? Non è più vita senza colui che ne era l’unica ragione e chiedere del Cielo non è espressione di un dubbio ma l’emergere di un desiderio: quando ci rivedremo? Non importa dove si vada, importa che ci sia lui che già di questa terra faceva qualcosa di tanto simile al Cielo.

Chissà da che parte sta. Chissà.
Se non altro, dal Vangelo sappiamo chi c’è: il Risorto. Quel Cielo, allora, non può che essere a Sua immagine e somiglianza. Se vogliamo capirne qualcosa, dobbiamo guardare a Gesù, al Risorto, che del Cielo e della Terra ha fatto una cosa sola, restando aggrappato al Padre e tenendo stretta la mano dell’uomo. Tra noi e lassù già ora non c’è più alcuna distanza, anche se il modo in cui il Cielo ci è a fianco resta misterioso e spesso incomprensibile. Ma né più né meno di quanto lo sia stato Gesù con la Sua vita, il Suo annuncio, la Sua Pasqua.

Il Cielo sta dalla parte del Risorto.
Per il Vangelo è questa la risposta che basta ad ogni domanda.
Come in Cielo così in Terra.


Archiviato in:Fatto in casa, Omelie

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